Premio Ilaria Alpi 2011: Il filo rosso della verità

Premio Ilaria Alpi 2011: Il filo rosso della verità - Alla XVII edizione del Premio Ilaria Alpi, dal 15 al 18 giugno a Riccione, ieri sera in diretta su Rai News, si è tenuto l'incontro con la portavoce dell'Associazione Ilaria Alpi, Mariangela Gritta Grainer, insieme a Antonio Ingroia, Procuratore aggiunto a Palermo, Sergio Materia, socio di Libertà e Giustizia, Agnese Moro, figlia dello statista democristiano Aldo Moro ucciso nel 1978, e Giuliano Turone, magistrato milanese che, insieme a Gherardo Colombo, scoprì il 17 marzo 1981 gli elenchi della P2: "Il filo rosso della verità. Dal caso Ilaria Alpi alle stragi e i delitti che hanno insanguinato il nostro Paese."
Racconta Mariangela Gritta Grainer: "Giorgio Alpi, il papa' di Ilaria, lo diceva sempre che c'e' un filo rosso nella storia di Italia che lega le stragi al duplice assassinio di Mogadiscio. Giorgio credeva che giustizia e verita' siano un diritto per chi e' stato colpito e un dovere per chi ha responsabilita' pubbliche. Lui se n'e' andato senza avere ne' l'una ne' l'altra".
Sul caso di Ilaria Alpi, reporter e inviata del TG3, uccisa nel 1994 a Mogadiscio insieme all'operatore Miran Hrovatin, ci sono ancora oggi due verità: quella storica e quella giudiziaria.
La portavoce dell'Associazione Ilaria Alpi precisa che dal 1994 "una sessantina di quesiti rimangono aperti: non c'è nessun mistero, fu un'esecuzione preordinata, organizzata e disposta. È scritto nelle sentenze: il movente fu quello di impedire che il materiale raccolto sul traffico di armi e sui rifiuti tossici venisse portato alla conoscenza dell'opinione pubblica."
Ilaria Alpi aveva visto un filone di grande interesse giornalistico, ma rompeva un'alleanza intoccabile: "Il giornale "Terra" ne ha dato la notizia: il COPASIR, il Comitato Parlamentare per la Sicurezza della Repubblica, ha confermato l'esistenza di un documento datato 11.12.95 che proverebbe come il Sismi, oggi Aise, fu finanziato dallo stato per occuparsi dello smaltimento dei rifiuti tossici, il pagamento avveniva in armi in modo da occultare il traffico. Questo è un elemento nuovo."
Almeno sugli ultimi 20 anni della Storia Italiana, dietro alle stragi insolute, si staglia l'ombra dei servizi segreti, "questo filo rosso", strutturato in modo da salvaguardare gli interessi atlantici durante la guerra fredda. Con un partito comunista così forte, l'Italia diventa una "democrazia sorvegliata": una rete via via inestricabile di "scambi di favore" d'impronta piduista tra il mondo degli affari e quello della politica, in cui la criminalità organizzata può insinuarsi.
Antonio Ingroia: "Sono holdings internazionali che sono riuscite a scendere a patti con soluzioni politiche apparentemente diverse tra loro. Il rapporto tra la mafia e la politica è il riflesso, la conseguenza, del rapporto tra la mafia e la classe dirigente dominante nei vari momenti storici."
Sui "servizi più o meno deviati e piu o meno devianti" aggiunge Sergio Materia, si tratta "di affarismo, non so se posso parlare di filo rosso in realtà. È importante la questione morale della classe dirigente, composta da uomini, che possa garantire l'operato senza essere ricattabile. C'è la necessità di una classe dirigente rinnovata nel comportamento. Occorre superare la rete del ricatto pervasiva che ha appestato la Repubblica Italiana in tutti questi anni."
Tanti sono i buchi neri che fanno dell'Italia forse l'unico Paese con una storia di stragi depistate così lunga. Ingroia: "La tolleranza e la convivenza sui buchi neri che hanno insanguinato il nostro Paese, è la ragione per cui la nostra democrazia non è riuscita a fare il salto di qualità. Senza la verità, non c'è libertà, né un futuro credibile."
Il vento delle rivoluzioni di questo 2011 dal Nord Africa porterà cambiamenti anche da noi?
Gritta Grainer: "Il vento dall'Africa ci fa ben sperare, ma dovrà cambiare la classe politica. Non sto pensando solo a una rottura generazionale, sto pensando a una rottura culturale".
Ingroia: "Me lo auguro, ma non bisogna lasciarsi prendere troppo dall'entusiasmo. D'altra parte abbiamo vissuto altre stagioni sull'onda del rinnovamento e della speranza anche nei primi anni '90, all'indomani di eventi tragici e delle emozioni collettive. Uno dei punti più negletti nel nostro Paese è il principio della responsabilità. Se si riuscissse a costruire un Paese fondato sulla responsabilità di ciascuno, si farebbe un grosso passo in avanti."
Agnese Moro racconta "dei fragili, ma importanti tentativi" in direzione dei principi della pace e delle libertà costituzionali, di cui il padre si fece portavoce contro tutti i poteri "per altri scopi": due movimenti contrapposti in un periodo difficile per l'Italia, in cui Moro cercò il dialogo e il coinvolgimento con l'opposizione. Non si stupì quando, scoperto l'elenco della P2, c'erano nomi coinvolti nell'indagine del padre: "C'era un'inerzia totale, talmente compatta...In un paese come il nostro in cui non si trova mai un accordo su niente, in quei 55 giorni, improvvisamente, erano tutti d'accordo." Agnese Moro ricorda "la fermezza" con cui fu impedito alla Croce Rossa di avviare possibili trattative con i sequestratori del padre: "Ci furono molte cose anormali".
Il vento che soffia dall'Africa?: "Ho girato l'Italia, so che c'è questo vento" - l'associazione Articolo 21, le manifestazioni a Piazza del Popolo - "io li chiamo i Globetrotters della Democrazia".
Giuliano Turone coglie l'occasione per ricordare l'eccellente lavoro svolto da Tina Anselmi nell'inchiesta parlamentare sulla P2. La sua relazione finale "restituisce un'immagine esatta del potere occulto descrivendone la pericolosità: una preziosa eredità per il Paese".
Infine, Mariangela Gritta Grainer racconta l'episodio in cui Luciana Alpi, la madre di Ilaria, si è alzata tra il pubblico "per lanciare il grido d'indignazione e di dolore" durante la presentazione del Premio giornalistico dedicato alla figlia. Diciassette anni di depistaggi per arrivare a una 5° udienza con un nuovo magistrato nel processo per calunnia contro Ali Rage Ahnmed (detto Gelle, il principale accusatore di Hashi Omar Hassan che sta scontando 26 anni di carcere), in cui Luciana Alpi si è costituita parte civile, e ricominciare, ancora, tutto daccapo: "Non metterò più piede in un'aula di giustizia per processi legati alla morte di Ilaria. Io non ce la faccio più. Abbiamo diritto ad avere verità e giustizia, non ce l'abbiamo, pazienza, abbiamo quella storica".
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