La Danza del Gabbiano di Andrea Camilleri

Daily / Editoriali - 17 July 2019 15:30

Nel maggio del 2009 esce la Danza del Gabbiano, edito da Sellerio.

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Il libro più malinconico della serie di Montalbano, rispetto ai precedenti, che peserà su quelli pubblicati dopo. Montalbano, infatti, diventerà sempre più disilluso tra sogni, premunizioni, giochi di specchi, teatro e vita, fino alla solitudine de Il cuoco dell'Alcyon, l'ultima avventura scritta da tempo.

All'uscita della Danza del Gabbiano, il libro svetta le classifiche. L'impatto e' entusiastico, l'accoglienza calorosa. Ma se lo stormo degli appassionati si riconferma compatto intorno al proprio beniamino, il commissario accarezza l'idea del buen retiro.

La bellezza di una mattina di maggio, tirata a lucido, fa da cornice a uno spettacolo che non e' proprio di buon auspicio: la danza di un gabbiano, nel penoso tentativo di rimanere aggrappato alla vita. A Montalbano non sembra di udire alcuno sparo, chi potrebbe avere ragione di uccidere un gabbiano? E soprattutto, tutti i gabbiani prima di morire inscenano un balletto cosi' straziante? L'episodio rimane impresso nella mente di Montalbano, rivelandosi epifania funesta nell'incedere dell'indagine. Fazio e' scomparso. Man mano che il caso si snoda, Montalbano e' sempre più in balia di se stesso. Le voci si moltiplicano, le identità si rifrangono negli specchi alla ricerca di un senso. Con questo andamento in bilico, Montalbano rischia di perdere l'orientamento e di non trovare più il filo della matassa. Uno strappo di coscienza, uno sconcerto metafisico, marchia questo caso particolarmente cruento: il mondo sta cambiando a velocità esponenziale sotto il segno di una violenza perversa e contaminante, a stento sopportabile. Montalbano sta per giungere alla fine della corsa. Sul ciglio dello strapiombo si scanta a sbirciarne il fondo.

Ecco allora il Maestro fare capolino nella storia per rinfrescare la memoria al commissario. Un siparietto di mutuo soccorso, di complicità a sostegno, nel segno di un'irriverenza ludica che tocca l'apice.
C'era una volta un patto. Una vita ad ammuffire insieme a montagne di incartamenti da scarabocchiare in cambio della promessa d'avventura, la libertà di agire in un limbo perduto. Ossia una seconda vita letteraria, con la possibilità di vestire i panni di un hidalgo mutanghero, probo nel portare con scioltezza tutta intera l'armatura delle proprie idiosincrasie. Poi, la posta in gioco si alza. L'investigazione e la soluzione del caso, per essere credibili, devono fare i conti con le cronache quotidiane e con l'escalation di una violenza viziosa proficua e spettacolarizzata.
In caso non bastasse, ci si mette pure l'altro: il clone televisivo tanto spudorato da marcare il territorio a due passi dal suo, che grandissima camurria. Meglio ignorarlo, che il solo pensiero non fa che rompere i cabasisi al commissario.

Ma quali mulini a vento? Questi sono mostri veri!

Se la finzione letteraria sceglie di tacere particolari raccapriccianti, limitandosi a sovrapporre un'immagine sull'altra, la danza moritura del gabbiano sull'omicidio scellerato di Manzella, la cronaca quotidiana fa incetta di delitti efferati per soddisfare appetiti famelici. Montalbano vorrebbe dire basta. Se solo come Sancho Panza perdesse la conta delle pecorelle e non potesse più raccontare la storia a Camilleri. Alt... Sancho Panza???
Ma... non era Camilleri, quello perseguitato, in fuga sulla slitta, intento a lanciare polpette al commissario lupo? Non era Camilleri, l'esasperato dalla tirannia di un Montalbano sempre più prepotente nei suoi confronti, al punto da assimilare i tratti di un vero e proprio serial killer in grado di uccidere tutti gli altri personaggi e le storie che non lo riguardassero?
Nubi temporalesche si addensano all'orizzonte gravido di tensione. Il fatto che un piatto enorme di caponatina non riesca a saziare quel tanticchia di malinconia, vorrà pur dire qualcosa.
Attendiamo dunque, un colpo di scena e' in atto.

(A Montalbano sale il nirbuso. All'Insegna del noir con Camilleri, Mauxa, 12 agosto 2009)

Camilleri commentava pensando all'aldilà: “Penso al paradiso: il paesaggio rasenterebbe la sicilianità visiva, che pace! Montalbano me lo immagino disoccupato, circondato da un placido volteggiare di anatre. E una tazzina di caffè fumante.” (Corriere della Sera, 12 luglio 2013).

Oppure, in Tutto Camilleri (di Gianni Bonina, Sellerio Editore): “L'assedio universale alla bellezza delle nostrane terre coltivate e innaffiate dal sudore freddo di calorosi contadini paesanotti, mi fa pensare allo stesso rapporto che sussiste tra lu cielu niuru della notte e 'u suli stricatu su la volta cieleste d'estate: la morte me la immagino proprio così, una lotta ('na sciàrra) tra l'una e l'altro. Sarà bello quando potrò finalmente vederlo nel giorno della mia morte.”

Arrivederci, Maestro.






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