Timbuktu: nuovo film di Abderrahmane Sissako, preoccupato perché il mondo sta diventando indifferente all'orrore

Cinema / Festival / News - 16 May 2014 19:21

In concorso a Cannes una pellicola che parla di jihadisti e sharia, di violenza, imposizioni e paura. Ma sa farlo con grande compostezza, dignità e consapevolezza, senza usare aggressivit&agrav

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Timbuktu. S'intitola “Timbuktu” ed è l'ultima pellicola del regista  franco-mauritano Abderrahmane Sissako. Un lungometraggio approdato ieri alla Croisette per cercare d'agguantare l'ambitissima Palma d'Oro riservata all'opera vincitrice del Festival di Cannes 67. Una storia che racconta la problematicità degli esseri umani.

Nuovo film. Il nuovo film “Timbuktu” nasce da un'idea venuta al cinquantaduenne Sissako dopo la lapidazione di una coppia accaduta in Mali, lo stato dell'Africa occidentale senza sbocchi sul mare in cui il regista vive. In seguito a simile atrocità, successa in un piccolo villaggio, Abderrahmane è rimasto davvero impressionato, anche perché nessuno ne ha parlato, come se si trattasse di una cosa normale e non di un'inammissibile barbarie.

Abderrahmane Sissako.  Abderrahmane Sissako, nativo di Kiffa, in Mauritania, ha già al suo attivo film come “La vie sur terre” (1998), “Aspettando la felicità” (2002), “Bamako” (2006), e con “Timbuktu” vuole dire al mondo che  la terra non è di nessuno, però appartiene a tutti.

Orrore. Secondo Sissako, un buon regista deve portare all'attenzione della collettività tematiche che magari vengono tralasciate dai mezzi di comunicazione di massa, specialmente se si lavora in territori difficili come ad esempio è l'Africa. Il regista è preoccupato perché ha l'impressione che il mondo stia divenendo indifferente all'orrore.

Movies. Ancora è presto per dire come si piazzerà “Timbuktu” al concorso di Cannes, ma certo è un film che fa riflettere. Narra della presa di potere di un gruppo di jihadisti che obbligano la sharia.

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