Tempi Moderni, il film di Charlie Chaplin che persuade alla collaborazione compie 80 anni

Cinema / Classico / News - 05 February 2016 11:30

Tempi Moderni è il film Charlie Chaplin che compie 80 anni: nel finale la trama incita alla collaborazione e all'imprenditorialità. Il film - ormai divenuto un classico - inizialmente fu

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Tempi Moderni (“Modern Time”) diretto e interpretato da Charlie Chaplin uscì negli Stati Uniti il 5 febbraio 1936. Con lui ci sono  Paulette Goddard,  Henry Bergman e  Tiny Sandford.

La trama segue un operaio di una fabbrica è alla catena di montaggio, oppresso e usato come cavia dal suo datore di lavoro. La macchina che deve far funzionare è automatica, lui la guida in maniera folle, finendo addirittura nelle ruote dentate degli ingranaggi, tra il piccolo pignone e la grande corona.

È portato in ospedale ma dopo il rilascio è arrestato poiché è scambiato per un leader radicale. La vita in carcere sembra più comoda di quella lavorativa: quando esce scopre la disoccupazione di massa, nonostante abbia una lettera di raccomandazioni non trova lavoro. Desideroso di tornare in carcere ruba un pezzo di pane per salvare una poverella che cerca di sfamare la famiglia: entrambi sono arrestati, riescono a sfuggire dalla polizia finché lui diviene guardiano notturno in un grande magazzino. Ma il tema della felicità momentanea ritorna possente, i ladri entrano nel negozio e il lavoratore è arrestato di nuovo. La poverella cerca di allestire una casa per lui in una baracca abbandonata, ma quando il lavoratore è rilasciato la fabbrica ha riaperto. Così il lavoratore torna agli ingranaggi da cui non può più sottrarsi, finché uno sciopero lo riconduce detto le sbarre.

La poverella ottiene un lavoro in un caffè intrattenendo i commensali con canti e balli, così il lavoratore uscito di prigione diventa un cameriere assieme a lei esibendosi. Nonostante sia inetto improvvisa una canzone senza senso che però ha successo: la polizia cerca di arrestare il povero, ricercato per essere fuggito dalla Juvenile Hall. I due sfuggono agli ufficiali e percorrono il futuro lavorativo insieme.

Il senso del finale vede nella collaborazione tra gli uomini l’unico modo per far fronte alle difficoltà, quasi che il capitalismo sia ben visto contro lo sfruttamento operaio. Meglio essere imprenditori che dipendenti: i due infatti alla fine sono dei lavoratori autonomi, cantando e improvvisandosi artisti. Non potrebbe essere altrimenti, dato che Chaplin era un imprenditore di successo: per realizzare il film - la cui fine della riprese era prevista per il mese di gennaio 1935 - furono costruiti tre grandi gruppi di studi su sette acri di terreno affittato al porto di Los Angeles, erigendo un villaggio per le scene in esterni.

Il 3 agosto del 1935, Hollywood Reporter dichiara che il giorno precedente Chaplin aveva 250 persone a lavorare nel film. La diligenza nel montare il film si rinviene nel fatto che la première prevista per il 16 gennaio 1936 fu rinviata, poiché Chaplin affermò che il film non era pronto. Il regista non partecipò all’anteprima del 5 febbraio, adducendo al New York Times del 2 febbraio 1936 di temere di dover “lottare con la folla”, come avvenne in altri casi. “Non credo di essere così noto ora come allora, temo il pensiero di essere osservato, come se fossi un mostro”.

Esplica però come abbia scelto il titolo “Tempi moderni”: ”Stavo guidando in macchina un giorno e ho visto una massa di persone che uscivano da una fabbrica, punzonati dal tempo degli orologi”. Comprese così che il tema comune dei tempi moderni è la produzione di massa: “mi chiesi cosa sarebbe accaduto al progresso dell'era meccanica se una persona decidesse di agire come un elefante in un negozio di porcellane”.

Codice Hays. Alcune sequenze furono cancellate, su ordine di Joseph I. Breen dell'Ufficio Hays perché ritenute volgari: tra queste la parola “dope" nel titolo, la maggior parte dei brontolii dello stomaco della moglie del ministro, una gag con il reggiseno nel grande magazzino.

L’ultimo film "muto" di Chaplin fu vietato in Germania e in Italia perché considerato "comunista", il regista affermò: ”I dittatori sembrano credere che il film sia comunista. . È assolutamente falso. In considerazione dei recenti avvenimenti, non mi sorprende il divieto. Ma il nostro unico scopo era quello di divertire”.

“Un colpo di bastone, un corruccio della fronte, un movimento malizioso di un dito del piede e lo stato d'animo è spento - scrive Frank S. Nugent sul New York Times il 6 febbraio 1936 - una virgola della sua bocca, un abbassamento della sua spalla, un rapido batter d'occhi e lui è ancora una volta un compagno nella sofferenza. Chaplin è un maestro della pantomima? Il tempo non ha cambiato il suo genio”.

“Un ambiente musicale ottimamente concepito - ribadisce Variety l’11 febbraio 1936 - orchestrato da Alfred Newman, pressoché eloquente come se fosse una lingua”.

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