Beautiful – The Carole King Musical diventa un film prodotto da Tom Hanks

Cinema / News - 16 August 2017 15:00

Ad occuparsi dell'adattamento sarà Douglas McGrath, già autore del libretto teatrale. Ripercorrendo la carriera della cantautrice, il musical mette in scena anni cruciali della cultura p

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La Sony si occuperà dell’adattamento cinematografico di “Beautiful: The Carole King Musical”. Douglas McGrath, autore del libretto originale, scriverà la sceneggiatura; Tom Hanks e Gary Goetzma, tramite la loro Playton, produrranno la pellicola insieme a Paul Blake, già produttore della versione teatrale.

La Sony è riuscita ad ottenere anche i diritti di tutte le canzoni utilizzate nel musical. La colonna sonora sarà il vero punto di forza del film, visto che può contare su canzoni che ormai sono parte integrante della cultura pop americana, come “One Fine Day”, “(You Make Me Feel Like) A Natural Woman”, “I Feel the Earth Move” e “You’ve Got a Friend”, senza contare i pezzi scritti da altri grandi della musica come Phil Spector, Cynthia Weil, e Barry Mann.

“Beautiful” è sia un’opera teatrale biografica che un “musical jukebox”: si chiamano così quegli spettacoli che non utilizzano brani scritti appositamente per l'opera, bensì brani selezionati dal repertorio dell’artista di cui parlano, o comunque significativi di un determinato periodo storico o genere musicale. Degli esempi noti sono “Jersey Boys”, “The Blues Brothers” e “Mamma Mia!”.

Il musical utilizza un repertorio d’annata per raccontare la giovinezza e la carriera di Carole King, la cantautrice più di successo (in America) della seconda metà del Novecento. In tutto ha pubblicato 25 album da solista; il più famoso, “Tapestry” (1971), ha saputo incarnare alla perfezione le istanze femministe degli anni Settanta, dando voce al lato più intimista e tormentato di quella decade.

I musical hanno contribuito in maniera determinante allo sviluppo dell’industria cinematografica. Nei primi anni Trenta gli studios si sfidavano a colpi di produzioni sempre più spettacolari, ma è negli anni Quaranta che il genere ha raggiunto il suo apice (“Il mago di Oz” è del 1939): i cinema erano gremiti di spettatori sempre più depressi dalla guerra, e quindi sempre più alla ricerca di intrattenimento spensierato e ricco di stile.

Alla fine degli anni Cinquanta, la concorrenza della televisione comincia a farsi sentire. Gli studios esitano ad investire sui musical originali, e preferiscono andare sul sicuro, adattando spettacoli che hanno già riscosso successo a Broadway. Grandi autori continuano a sfruttare al massimo le potenzialità del mezzo cinematografico applicato al musical; su tutti Bob Fosse, che con il suo “Cabaret” fa anche incetta di Oscar.

Ma il declino è inesorabile. Film come “Bonnie e Clyde”, “Il laureato” e “Easy Rider” si fanno portavoce di una nuova controcultura più violenta e disillusa, che stenta a riconoscersi nelle coreografie e nelle “canzonette”; si impone uno stile più dark, più cinico, più realistico.

Negli anni Ottanta e Novanta, gli unici personaggi che continuano ad alternare dialogo e canzone sono praticamente i protagonisti dei film d’animazione. La Disney ci costruisce su un impero, spesso ingaggiando i più grandi talenti di Broadway, come Stephen Schwartz e Alan Menken.

Tra gli anni Novanta e i Duemila, il musical sembra aver ritrovato una sua dignità, ed è di nuovo un prodotto appetibile anche per un pubblico più adulto. Il “Chicago” di Rob Marshall si rivela un successo strepitoso, arrivando a vincere l’Oscar come miglior film. Tuttavia, i successi sono in minoranza rispetto ai flop: basti pensare a “Nine” e “Rock of Ages”. Persino l’adattamento di un kolossal come “I Miserabili” (in scena a Broadway e nel West End da oltre 30 anni), ha stentato a conquistare i cuori del pubblico cinematografico mainstream.

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