The Anchorman 2, il giornalismo del nuovo film con Will Ferrell lontano da quello di Walter Cronkite

Cinema / News - 03 October 2013 07:08

Will Ferrell è uno dei protagonisti di The Anchorman 2, il film di Adam McKay che racconta la comicità della professione. Un giornalismo che invece è poco raccontato è quel

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Anchorman 2: The Legend Continues (“Fotti la notizia”) è il film  commedia di Adam McKay con Will Ferrell, Steve Carell, Paul Rudd e David Koechner in uscita in Italia il 26 giugno 2014. È il sequel di “Anchorman: The Legend of Ron Burgundy” (“Anchorman - La leggenda di Ron Burgundy”, 2004), che incassò al botteghino novanta milioni di dollari. Anche stavolta troviamo il giornalista di San Diego, Ron Burgundy tornare a prendere il timone del primo canale di notizie di New York, in difficoltà e pronto a condurlo fuori dalla tempesta.

Nel precedente film  Borgogna lavorava con Brian Fantana (Paul Rudd), un giornalista sportivo (David Koechner), l’esperto di meteorologia Brick Tamland (Carell). Forse la scena maggiore del film è quando Ron tenta di sedurre Veronica Corningstone, ha un rapporto con lei e poi lo annuncia in onda. Segno della fame di vita privata sentimentale che attanaglia l’informazione odierna. 

Ben diverso è ciò che Billy Wilder proponeva in un’indagine sul giornalismo nero, che amalgamava la vita privata bisognosa di lavoro piuttosto che si sentimento. Ne “L’asso nella manica” (“Ace in the Hole”, 1951) proponeva un modello di giornalista avvoltoio, Charles Chuck Tatum che avvisato di una frana che ha intrappolato un uomo, Leo Minosa si accorda con lo sceriffo per ritardare gli aiuti. L\'obiettivo di creare clamore attorno alla notizia. Il cinismo si amalgama con quello della moglie della vittima, Lorraine, che odia il marito e intende lasciarlo. Alla fine il minatore muore: il film incassò 1,3 milioni dollari.

A metà tra questi due tipi di giornalismo c’è Walter Cronkite. Si tratta del primo anchorman della storia, ossia del conduttore televisivo capace di coordinare vari giornalisti. Nel 1952 Mickelson - direttore delle notizie della CBS - aveva quattordici giornalisti a disposizione per trasmettere in tempo reale  le elezioni presidenziali, anche perché per la prima volta  le convention dei due partiti sarebbero andati in onda su tutto il territorio nazionale in diretta tv. Nessuno dei giornalisti volle collaborare, timorosi del nuovo mezzo. Walter Cronkite  aveva trentaquattro anni e lavorava alla CBS da due: accettò l’incarico e la sua capacità di miscelare le fonti venne subito colta con sorpresa dai telespettatori. 

Divenne subito il volto della realtà che si infonde agli spettatori. Certamente il momento più complicato della sua carriera fu quando dovette annunciare la morte del suo amico, John Fitzgerald Kennedy.  Appena avvenne l’assassinio Cronkite si dibatteva con i suoi inviati, poiché non c’era un rapporto ufficiale sulle condizioni di Kennedy. Dopo alcuni minuti, Cronkite riferì che il presidente aveva ricevuto delle trasfusioni di sangue e che due sacerdoti erano stati chiamati nella stanza. Accennò al fatto che qualcuno era stato arrestato nel tentativo di assassinio al Texas School Book Depository. La compostezza viaggiava assieme al senso di tragedia. Dopo qualche minuto la sua frase fu lapidaria: “Da Dallas, in Texas, Ultim\'ora, è ufficiale: il Presidente Kennedy è morto alle 1 del pomeriggio; alle 2, ora della costa orientale, circa 38 minuti fa”. Ma durante l\'annuncio il suo contegno venne meno. Infatti sul volto sembrò che spuntasse una lacrima.

Il giorno dopo durante il funerale riuscì a convogliare la sofferenza con una frase che raramente è udibile nei telegiornali odierni: “Si dice che la mente umana ha una maggiore capacità di ricordare le cose piacevoli rispetto alle sgradevoli - disse - Ma oggi è stata una giornata che vivrà nella memoria e nel dolore (...) Se nella ricerca della nostra coscienza troviamo un nuovo impegno per i concetti americani in base ai quali non tolleriamo alcuna divisione politica, di  religione, di razza, allora forse potrebbe essere ancora possibile dire che John Fitzgerald Kennedy non è morto invano. Questo è il modo in cui vi saluto, Lunedi, 25 Novembre  del 1963. Qui è Walter Cronkite, buona notte”.

Cronkite seguì poi la Guerra del Vietnam, lo sbarco lunare dell\'Apollo 11, lo scandalo Watergate. Questo tipo di giornalismo, in simbiosi con quanto avviene nella realtà è uno di quelli che ancora non è stato raccontato in un film, a metà tra l’imperturbabilità di Billy Wilder e la comicità di Will Ferrell. 

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