Venezia 79, recensione del film Master Gardener
Master Gardener è il film fuori concorso alla Mostra del Cinema di Venezia
Master Gardener è il film crime presentato alla Mostra del cinema di Venezia. Narvel Roth (Joel Edgerton) è un meticoloso orticoltore di Gracewood Gardens, in una vasta tenuta di proprietà di una ricca vedova, la signora Haverhill (Sigourney Weaver).
Il suo comportamento quieto entra però in contrasto con il proprio passato, segnato dai tatuaggi, incisi sulla pelle, che raffigurano svastiche naziste. Narvel ordina a Roth di assumere la pronipote Maya (Quintessa Swindell) come sua apprendista.
Paul Schrader continua il suo percorso nel ‘non detto’, fatto di motivazioni che vengono svelate poco alla volta. Nel precedente film First Reformed questo aspetto sottinteso era simboleggiato dal presupposto nascosto per cui il protagonista - interpretato da Ethan Hawke - aveva scelto la carriera ecclesiastica. Qui è la scelta di Haverhill di gstire un giardino come fosse un centro di riabilitazione, sovrintendendo tutte le operazioni, e avendo anche una relazione con il giardiniere suo dipendente Narvel.
Il rischio è che tali scelte di arroccarsi nel simbolismo diventino poi estranee rispetto alla realtà; pare infatti di vivere in un mondo ulteriore, in cui vigono delle regole speciali, di cui si fatica a comprendere il significato. Il film non manca di un fascino dovuto alla scenografia accurata di Christine Brandt, e alla fotografia smagliante di Alexander Dynan. Sigourney Weawer è algida nel suo castello floreale, quasi volesse gestire le sorti di chi vi collabora: “Che non ti venga in mente di lasciare questo posto”, intima alla nipote Maya, quasi ammonendola di ciò che potrebbe accadere. E quando Narvel se ne va insieme a Maya, la catastrofe è giustificata.
In Master Gardener resta però l’imbarazzo di un’opera che poteva divincolarsi dalla narrazione tipicamente statunitense, che esige tessere che alla fine si ricompongano nel puzzle finale. Il compito preciso non è ormai di creare un plot filiforme, assuefatto alle narrazioni impellenti nello streaming, a cui Schrader pare testo ad avvicinarsi. Quando tra Narvel e Quintessa affiora un affetto che li pone contro Haverhill, il sentimento reciproco è per niente vissuto, ma nato quasi in maniera ‘narrativamente’ strategica, inserito solo per spingere avanti la trama. Il passato da soldato di Narvel pare inserito solo per giustificare la sua latente violenza, in una narrazione che deve per forza esaudire le attese dello spettatore.
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