Venezia 79, recensione del film Argentina. 1985
Argentina. 1985 è in concorso alla Mostra del Cinema di Venezia

Nel 1985 i procuratori Julio Strassera (Ricardo Darín) e Luis Moreno Ocampo (Peter Lanzani) indagano sui reati commessi dalla Giunta Militare Argentinaa. Si tratta di quello che verrà definito un genocidio, con più di 8 960 desaparecidos, tra persone scomparse, torturate o uccise.
Il caso emblematico è quello di una donna partoriente, che viene rinchiusa in un’auto e incappucciata. Il nascituro nasce in auto, e i militari non permettono di farlo vedere alla madre. Lei poi è costretta a pulire – nuda – il pavimento in un edificio, mentre i militari si beffano di lei, e il neonato piange. Solo alla fine riesce ad abbracciarlo. Questa è una delle 709 testimonianze raccolte, che portano Stassera, l’assistente Moreno Ocampo e il giovane team legale a ingaggiare una battaglia dai risvolti non prevedibili. Non è per niente certo che i giudici avallino le loro requisitorie, o che tengano conto dei documenti addotti e raccolti in nove settimane.
La difesa delle vittime nel film Argentina.1985
Ma il film riesce a smussare questo coté procedutale con battute comiche, che infondono il plasma della vita quotidiana alla trama. Come quella della moglie di Stassera che anticipa sempre i suoi propositi, o quando lui è in bagno e Ocampo lo tartassa da dietro la porta chiedendo informazioni.
Il regista Santiago Mitra – che ha scritto la sceneggiatura con Mariano Llinás – ha già realizzato il film di ambientazione politica Il presidente, e la commedia Petite fleur. In Argentina, 1985 usa una trama che potrebbe essere impersonale, per infondere tensione e un ottimo ritmo, tanto da riuscire a caratterizzare ogni personaggio. Quello militare è un reato che fatica a emergere, perché le forze che sottendono l’apparato della difesa – come la storia recente insegna – tenda a prolungare le indagini, cosicché le accuse si possano assopire, e l’opinione pubblica si dimentichi di quanto avvenuto.
Ma solo in una democrazia nascente può conservare l’afflato dei primi rivoluzionai, e così accade nel film: Stassera è dubbioso di quanto sta facendo, impaurito dalle minacce telefoniche – che la moglie bellamente sminuisce – verso di lui e della sua famiglia. Il giovane assistente Ocampo è assillato da una madre che non approva il suo comportamento, essendo fidente verso la vecchia dittatura. Il figlio di Stassera è un bambino che invece restituisce coraggio al padre, quasi da mentore nascente, e lo spinge a proseguire, fino a divenire una “spia”. Così il film diventa anche una speranza per un ritorno al passato: prima del regime instauratosi in Argentina dal 1976 al 1983, a governare era Isabelita Perón, simbolo del partito populista.
Il peronismo alluso
Pur considerando solo la difesa delle vittime, e quelle del pubblico ministero - tralasciando i punti di vista degli aguzzini - Argentina. 1985 riesce a mostrare la parte più quotidiana della giustizia, quella che è composta di un lavoro quotidiano. “Io sono ossessionato dalla legge” afferma Ocampo in un’intervista televisiva, e questo imberbe senso di rivalsa aleggia in tutto il film. C’è però da considerare ce il peronismo sostenuto nel film ha mostrato anche propaggini neo-fasciste, sui cui il film glissa.
Argentina. 1985 potrebbe anche ambire al Leone d’Oro, per come si pone dalla parte di coloro che ambiscono che i colpevoli periscano – come citato nel film – nel fiume dantesco del ‘Flegetonte’.
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