Recensione film La terra dell'abbastanza, l'applaudito esordio di Damiano e Fabio D'Innocenzo
Dall'anteprima di Berlino al cinema, protagonisti Matteo Olivetti e Andrea Carpenzano.

La terra dell'abbastanza è l'opera prima dei fratelli Damiano e Fabio D'Innocenzo, presentato in anteprima al Festival di Berlino. Il film perlustra la periferia est della capitale. Escludendo i titoli delle grandi produzioni cinematografiche e quelle delle serie tv, compensate da film come Alì ha gli occhi azzurri (2012) a Manuel (2017), c'è un cinema italiano vigile e interessato a segnalare l'emergenza sociale. La terra dell'abbastanza aggiunge un altro tassello ai film menzionati, quello di raccontare il viaggio di formazione, da un punto di vista motivazionale e psicologico: una deprimente discesa agli inferi dei personaggi coinvolti.
Mirko (Matteo Olivetti) e Manolo (Andrea Carpenzano) sono amici da sempre. Frequentano l'alberghiero e si interrogano, scherzando, sul futuro professionale claudicante. C'è chi sogna di essere selezionato per partecipare al Grande fratello. Quando investono uno sconosciuto, presi dal panico, chiedono aiuto al padre di Manolo. I due giovani, in realtà, hanno investito “un infame”: è un colpo di fortuna, secondo il padre di Manolo (Max Tortora). È la svolta, al soldo della malavita. E Mirko, inizialmente escluso, vuole farne parte.
Da galoppini della malavita, Mirko e Manolo assistono al laboratorio casalingo dello spaccio, tra un sughetto malamente interrotto e un cesto di panni da appendere. Occasionalmente, vengono utilizzati per eseguire il lavoro sporco e regolare i conti. Impiegati come tutor delle prostitute da rifornire con lo stretto necessario, acqua e cracker sbriciolati, fiondano nel degrado morale. Una strada stretta, in cui non c'è più spazio per le risate. Manolo consiglia all'amico di non pensare, ma godersi il denaro. Mirko entra in una spirale famigliare di contraddizioni e ipocrisia: i suoi soldi servono, nonostante la provenienza.
A un certo punto, Manolo confiderà all'amico il suo spaesamento: all'improvviso, sono riusciti “a svoltare”, e pensare che solo l'altro ieri consegnavano le pizze a domicilio. Tuttavia, è chiaro: sia per i protagonisti, che per lo spettatore, sarebbe stato meglio. Manolo e Mirko chiedono di tornare a fare i killer, condannando perfetti sconosciuti. Un lavoro più sopportabile, in grado di anestetizzare la mente.
Sono morti che camminano, se ne rendono conto. Ma persino il boss, interpretato da Luca Zingaretti, cinicamente ammette: i giovani hanno bisogno di sognare.
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