Recensione Family in Transition di Ofir Trainin
Il documentario che vince sui pregiudizi.
Ofir Trainin scrive, dirige e produce Family in Transition, documentario ambientato a Nahariya. Si tratta di una piccola città israeliana, dove vivono i protagonisti che interpretano se stessi.
Amit e Galit sono marito e moglie. Si conoscono da sempre e hanno quattro figli. Il film ha un'apertura che mostra il giorno delle nozze: sono giovani, emozionati e innamorati.
Schede
Amit, con il pieno appoggio della moglie, decide di gettare la maschera a 42 anni. Vive in un corpo che non sente suo, da tempo immemore. Questa ambiguità gli crea un disagio esistenziale ormai impossibile da ignorare. Grazie al supporto della sua famiglia, eccetto un'esigua minoranza dei parenti stretti, intraprenderà un viaggio complicato e difficile. Dopo la terapia ormonale e gli effetti depressivi sulla mente, infatti, Amit opta per il grande passo: diventare una donna.
Anche la moglie Galit vive la
transizione del marito investendo tutte le energie. Non dimentichiamo
che la famiglia vive in una piccola comunità religiosa. Non mancano
episodi di intolleranza, anche nei confronti dei figli a scuola.
Quando la montagna impossibile è stata scalata, in cima alla vetta,
ritroviamo due persone diverse. Nonostante un secondo matrimonio tra le due donne, ora entrambe madri, qualcosa nella coppia si
spezza.
Secondo la testimonianza dei bambini, il divorzio dei
genitori è un passaggio doloroso, quello del percorso transgender
del padre faticoso, ma doloroso o triste, proprio no.
Amit e Galit, oggi vivono con le rispettive compagne e le
esigenze di una famiglia allargata.
Ofir Trainin spiega di essere rimasto colpito durante le riprese sul set. Ad eccezione di Tel Aviv, le città israeliane, racconta, diventano sempre più conservatrici. Dopo aver realizzato il documentario, l'impegno del regista è focalizzato sullo sradicamento dei pregiudizi nei confronti delle minoranze in generale, e dei transgender in particolare.
Family in Transition si è aggiudicato il premio come il Miglior film israeliano al DocAviv Film Festival. Tranin descrive il documentario come “la storia di una
famiglia semplice e straordinaria, capace di sfidare e rompere le
convenzioni sociali”.
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