10 Cloverfield Lane: recensione del film dove arida fantascienza surclassa viva suspense
Mary Elizabeth Winstead è protagonista del film diretto da Dan Trachtenberg, misto di generi in cui il tentativo di riporre fiducia in altro o altri si sgretola con la presa di coscienza di per

J.J. Abrams figura come produttore esecutivo di un’esperienza filmica che parte come originale ed intricante, ma che finisce col frantumarsi sotto i pesanti colpi inflitti da un finale che non regala allo spettatore il giusto grado di compiutezza di cui il film aveva bisogno.
10 Cloverfield Lane mostra una trama atipica, pronta a volgere lo sguardo ora verso un genere ora verso un altro. Una ragazza di nome Michelle (Mary Elizabeth Winstead) sta percorrendo una via a bordo della sua auto, quando improvvisamente viene travolta da un’altra auto e scaraventata fuori strada. Risvegliandosi, la giovane si ritrova prigioniera di un’angusta stanza, quando sopraggiunge quello che viene additato da Michelle come il carceriere, il misterioso Howard (John Goodman). Una notizia dal sapore devastante e tragicamente apocalittico viene comunicata alla ragazza, che tenterà di capire se le parole di Howard contengano frammenti di verità, facendo luce sull’accaduto e su ciò che accadrà anche grazie all’aiuto fornitole da Emmet (John Gallagher Jr.), altro povero malcapitato.
Mary Elizabeth Winstead, chiamata ad interpretare la caparbia ed imprevedibile Michelle, si ritrova in un luogo non identificato che tende ad assumere connotati familiari, ma che poi rivela il suo inganno in quanto falso rifugio da pericoli interni ed esterni. Il regista Dan Trachtenberg, scortato da un produttore d’eccezione, J.J.Abrams, propone un film dove regna un invisibile quanto sempre presente alone di mistery che tende a confondere tanto i protagonisti dell’indagine, alla ricerca di risposte circa il loro destino, quanto lo spettatore, catturato dall’avvicendamento dei colpi di scena, sempre in agguato: entrambi, sia l’attante dell’azione, ossia il personaggio, quanto il ricevente della stessa, lo spettatore, non sa a chi infondere fiducia, finendo con il partecipare attivamente alla ricerca della protagonista con vivo trasporto, mai scemante.
10 Cloverfield Lane rappresenta un caso sui generis riguardo l’attribuzione di un genere di appartenenza: viene presentato come thriller, ma spunti che tendono prepotentemente verso l’horror si inseriscono abilmente nella narrazione, il primo dei quali può essere riconosciuto quando Michelle si risveglia nella claustrofobica stanza incatenata al suo letto, richiamando alla mente gli ambienti proposti nei diversi capitoli di Saw – L’enigmista, popolare saga cinematografica thriller horror. Ma non si assiste ad un’interazione esistente unicamente tra thriller ed horror: il genere fantascientifico si addentra quasi in punta di piedi all’interno del film, per poi mostrarsi verso la fine, portando a compimento considerazioni avanzate precedentemente.
Dan Trachtenberg, nonostante le ottime premesse di apertura ed il più che corretto grado di suspense mantenuto costante nel corso del film, si perde nella parte finale, dove non riesce a far confluire adeguatamente tutti gli spunti narrativi disseminati precedentemente. La risoluzione proposta, che vira in modo quasi eccessivo e parossistico verso il fantascientifico più banale, prende le distanze dagli accattivanti spunti narrativi preposti, lasciando che venature dal sapore drammatico-psicologico si inaridiscano senza essere portate a compimento.
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