Karate Kid, amicizia e arti marziali: non servono superpoteri per essere un eroe
Non c'è bisogno di una trama complicata per rendere una storia memorabile, e Karate Kid ne è un piccolo, grande esempio. La voglia di rivincita, il bisogno di dimostrare il proprio valor
"The Karate Kid" (uscito in Italia con il titolo "Per vincere domani - The Karate KId") è un film sportivo-adolescenziale del 1984 con Ralph Macchio e Pat Morita. Nel 2010 ne è stato fatto un remake con Jackie Chan e Jaden Smith, prodotto da Overbrook Entertainment, Columbia Pictures, Jerry Weintraub Productions, e distribuito dalla Sony.
La trama: Daniel LaRusso (Ralph Macchio) è un sedicenne orfano di padre che dal New Jersey è costretto a trasferirsi in California a causa del lavoro della madre. Ritrovatosi catapultato in un nuovo ambiente, comincia a stringere amicizie e ad avere le prime esperienze con l’amore (invaghendosi di Ali, interpretata da Elisabeth Shue). Ben presto però, comincia anche ad avere problemi con un gruppo di bulli, e in particolare con Johnny Lawrence; la voglia di rivincita lo spinge a chiedere al signor Miyagi (Pat Morita) di insegnargli l’arte del Karate. Fra allievo e maestro nasce una grande amicizia, e alla fine Daniel, rafforzato nel corpo e nello spirito grazie alla saggezza del suo Maestro, riuscirà a battere il suo grande rivale Johnny nella finale di un torneo.
Quella dell’”underdog” è probabilmente una delle figure più usate (e abusate) nel cinema statunitense. Sono innumerevoli i film che, in modo più o meno riuscito, raccontano il percorso di formazione di un protagonista inizialmente svantaggiato (questo, appunto, il significato di “underdog”), e che però, grazie al duro lavoro e alla forza di volontà, riesce alla fine ad avere trionfalmente la meglio su coloro che l’avevano tormentato. “Karate Kid” è una delle applicazioni più riuscite di questa formula, e non sarebbe sbagliato definirlo un “Rocky” per ragazzi, visto anche che la saga di Daniel e la prima pellicola del pugile di Filadelfia condividono lo stesso regista, John G. Avildsen. In un periodo dominato dai “cinefumetti” e dai superpoteri, è rinfrescante tornare a film come “Karate Kid”, che ci mostrano che si può essere eroi anche avendo capacità “normali”.
All’epoca dell’uscita, nel 1984, “Karate Kid” riscosse grande successo sia in termini di incassi che di recensioni della critica. Pat Morita, in particolare, fu addirittura nominato all’Oscar come miglior attore protagonista per la sua interpretazione di Miyagi, uno dei mentori più famosi della storia del Cinema dopo Mickey di “Rocky” e Yoda della saga di “Star Wars”, e il cui mantra, “Dai la cera, togli la cera”, è entrato di diritto nella cultura pop. Al primo “Karate Kid” ne sono seguiti altri due, entrambi dimenticabili; il quarto capitolo ha proposto Hilary Swank come nuova protagonista, senza troppo successo.
Infine, nel 2010, è uscito il reboot della saga, da noi tradotto come “Karate Kid – La leggenda continua”, con Jackie Chan nei panni del mentore (chiamato non più Miyagi, ma Han) e Jaden Smith (figlio di Will Smith) nel ruolo che fu di Ralph Macchio. Il film è stato accolto abbastanza bene e ha incassato 343 milioni di dollari in tutto il mondo; nel 2014 la Sony ha annunciato di voler mettere in cantiere un sequel, ma al momento la produzione sembra ferma.
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