Dies Irae, il film sull'autentica stregoneria di Carl Theodor Dreyer
"Dies Irae" di Carl Theodor Dreyer è il film classico che usciva il 13 Novembre 1943.
Dies Irae è il film di Carl Theodor Dreyer che usciva in Danimarca in questo periodo dell’anno 1943, mentre negli Stati Uniti fu distribuito nel 1948 e in Italia dieci anni dopo.
Il film segna l’ingresso della visione scandinava al cinema, sovvertendo modi di raccontare e riuscendo a conservare nei decenni successivi un raro senso di modernità.
La storia è ambientata in un piccolo villaggio in Danimarca nel 1623: Marthe (Anna Svierkier), è un'anziana accusata di essere una strega. Per evitare di venire linciata si rifugia in casa di Absalon, un Pastore.
Lui è sposato con la giovane Anne (Lisbeth Movin), la cui madre fu condannata per stregoneria. Nella dimora di Absalon l’anziana Marthe spera di ricevere protezione, soprattutto perché è a conoscenza del segreto della moglie. Inoltre Absalon salvò la madre di Anne dal rogo, pur sapendo che era una strega: in cambio ottenne la mano di sua figlia.
Marte cerca l'aiuto di Anne e le confessa la sua ascendenza, ma nulla può contro il tribunale del popolo: cosicché è condotta al rogo. Intanto Anne - odiata dalla suocera - cerca conforto in un rapporto di amore con il figliastro Martin.
La situazione s’inerpica quando Anne comincia a mostrare interessi per le arti magiche: confessa al marito l'amore per il figliastro Martin, e desidera che Absalon muoia. Quando il marito muore improvvisamente, Anne è accusata di stregoneria dalla suocera.
Il finale è tragico, sopratutto per come reagisce Anne alle accuse infondate di stregoneria.
Dalla psicologia alla religione, il film pone più domande di quante ne contengano i 100 minuti della durata. Anne è veramente divenuta strega, e la sua passione per le arti magiche è innata oppure è stata condizionata dalle notizie inerenti il suo passato e quello della madre? Da qui nasce il dubbio che le azioni che svolgiamo, in realtà non siano nostre ma suggerite - anche inconsciamente - dall’esterno. Cosicché è difficile comprendere quanto siamo modificati dalle congetture altrui, e quanto ci sia di nostro nei gesti quotidiani.
Inoltre il dubbio che il destino si frapponga tra le nostre decisioni è intramontabile: infatti la morte di Absalon è dovuta ad un incidente. Ma quanto coincide il percorso di Anne, che così viene accusata di essa? Inoltre l’ambiguità torna con la figura di Marthe, perché a volte si comporta come se fosse effettivamente colpevole di alcune accuse.
Carl Theodor Dreyer proveniva dal cinema muto: sua era “La passione di Giovanna d’Arco”, e in questo film riversa le scene ieratiche delle pellicole senza sonoro. Gli eventi raccontati sono reali, si svolsero a Bergen in Norvegia nel Cinquecento, da cui fu tratta la pièce di Hans Wiers-Jenssens - Anne Pedersdotter del 1908.
Per rendere il clamore della paura che s’insinua nei volti di Anne il regista spostò le porte, gli oggetti cosicché i fendenti dell’illuminazione gettassero un continuo mutamento di luci e ombre sugli occhi e sul viso.
I critici danesi accusarono il film di essere una allegoria sottile mascherata della persecuzione dei nazisti sugli ebrei. Oggi è considerato uno dei capolavori, potente critica all'intolleranza religiosa, superstizione e natura umana.
La stessa intolleranza di Dreyer sul set: costrinse l’ottantenne attrice che interpreta Marthe a restare fissa al palo, per avere più realismo.
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